martedì 16 settembre 2008

Stanza delle domande (in) consuete 2

Ancora una volta, dunque. Un ragazzo di 19 anni picchiato a morte con una spranga di ferro per un pacco di biscotti. Così poco vale una vita umana...con l'aggravante della pelle di un colore più scuro. Non mi va bene. Non ci sto più. Come Ivan Karamazov, restituisco il biglietto d'entrata. Oggi mi gira così. Domani, forse, è un altro giorno.

mercoledì 10 settembre 2008

Stanza delle domande (in)consuete

Ascolto allibita il radiogiornale, stamani, prima di andare a scuola. A Roma sono stati aggrediti due ragazzi. Scippatori? Spacciatori? Delinquenti comuni? No. Omosessuali. Sempre per restare in tema di intolleranze, ricordo che soltanto l'Italia, oltre la Germania, ha promulgato leggi razziali, nel mondo. E mi sembra di ricordare che soltanto nei totalitarismi si persegua la diversità anche sessuale, oltreché razziale e/o politica e/o ideologica. Insomma, zingari ed omosessuali sono finiti nei forni, come gli ebrei ed i comunisti; sono finiti nei gulag staliniani e vengono perseguitati a Cuba.
Come se fosse un crimine. Perché questi ragazzi non aggrediscono i camorristi, gli scippatori, gli stupratori o gli spacciatori di morte? Cosa c'entra aggredire delle persone perché sono diverse dalla norma? DOV'E' IL CRIMINE???? E' davvero così grave che ognuno scelga con chi andare a letto, o dovrebbe essere una faccenda strettamente privata? E se due ragazzi vanno in giro abbracciati, è davvero più grave del fatto che altri loro coetanei distruggano stazioni ferroviarie e terrorizzino altre persone in nome di una cavolo di partita di calcio (sempre a Roma, due domeniche fa)?
Mala tempora currunt, se torniamo alle aberrazioni dell'intolleranza, al sonno della ragione. Stiamo messi male. Che società è questa, se non si tollera il diverso anzi lo si aggredisce, mentre si tace sul crimine? QUALI VALORI? Perché nessuno si scandalizza se un giornalista di neanche 30 anni è costretto a vivere sotto scorta per aver scritto un libro veritiero ed aver fatto nomi e cognomi? Perché nessuno si scandalizza se delle persone vengono aggredite pur non avendo commesso NESSUN CRIMINE? Si può essere d'accordo o meno, finanche disprezzare l'omosessualità, nel proprio credo, con la propria ideologia. Ognuno può pensarla come vuole, ha il diritto di farlo. Pensare, appunto, pensare. Ma aggredire coloro che sono diversi dal pensiero dominante, con la certezza di restare impuniti è vergognoso.
Abbiamo ancora davvero tantissimo da fare, come istituzioni scolastiche, se questi ragazzi sono i nostri prodotti...
Ho ancora molto lavoro da fare, ancora troppe volte dovrò spiegare la Costituzione della Repubblica Italiana, se queste persone pensano davvero di essere nel giusto, e troppi sarebbero i libri da consigliare in questo post...

giovedì 4 settembre 2008

Stanza dei ricorsi storici

Il 4 settembre 1938 in Italia, cominciarono a circolare le leggi razziali, che divennero provvedimento di legge nel mese successivo. La Dichiarazione sulla razza fu emanata dal Gran Consiglio nell’ottobre del 1938. Venivano limitati i diritti civili e l’accesso alle diverse professioni. Si cercava anche di stabilire chi dovesse esser considerato ebreo risalendo all’appartenenza razziale dei genitori. Dai provvedimenti per la “separazione della razza ebraica” furono escluse le famiglie a cui potevano essere riconosciuti meriti patriottici. Fu creato un apposito organo del Ministero dell’Interno che poteva affermare la non appartenenza alla razza ebraica alcuni individui. Quest’ultimo divenne uno strumento politico aperto solo nei confronti di chi possedeva consistenti mezzi economici.
Solo la Germania nazista aveva leggi più intransigenti dell’Italia nei confronti degli ebrei. Ma fino al 1943 gli episodi di violenza contro gli ebrei rimasero fatti sporadici. Non fu seguita una politica che sulla scia di quella tedesca imponesse le stelle di David o il rogo dei libri ebrei.
Nel 1938 Pio XI ribadisce l’ostilità della Chiesa al razzismo e Mussolini confida ai suoi collaboratori delle preoccupazioni per le posizioni del pontefice. La Chiesa sostanzialmente si opponeva a un antisemitismo come quello tedesco (che tendeva a creare una religione pagana del razzismo) ma non si schierava contro una politica di discriminazione. Il risultato fu che la Santa Sede non protestò per l’emanazione delle leggi razziali.
Furono quattro i principali campi di arresto e di transito in Italia. Da questi luoghi, gestiti da autorità tedesche ed italiane, gli ebrei partivano sui convogli che raggiungevano i campi di sterminio oltralpe.
- Borgo S. Dalmazzo, Cuneo: ebbe una vita breve ed era occupato soprattutto da ebrei francesi.
- Fossoli, Carpi: è il campo dal quale partì la metà degli ebrei deportati. Molti ebrei arrivarono a Fossoli dopo la chiusura del campo di Borgo S. Dalmazzo.
- Gries, Bolzano: qui furono trasferiti gli ebrei a causa dell’avvicinamento del fronte al campo di Fossoli. Rimase attivo fino alla fine dell’aprile 1945.
- Risiera di S. Saba, Trieste: fu attivo dall’autunno del 1943 fino all’aprile del 1945. Era l’unico campo italiano dotato di un forno crematorio nel quale furono uccise alcune migliaia di ebrei. Il campo ospitava in misura massiccia antifascisti, slavi e croati.
La maggior parte degli ebrei italiani raggiunse Auschwitz. Alcuni raggiunsero altri campi dopo l’inizio dell’evacuazione di quest’ultimo nel 1945. In Italia quindi non vi furono veri e propri campi di sterminio. Tuttavia si registrarono gravissimi eccidi: a Meina, a Pisa, alle Fosse Ardeatine (dove morirono 73 ebrei), ecc…Il numero totale delle vittime è di 6.291. Solo 837 deportati poterono salvarsi.
"Voi che vivete sicuri/Nelle vostre tiepide case,voi che trovate tornando a sera/Il cibo caldo e visi amici:/Considerate se questo è un uomo/Che lavora nel fango/Che non conosce pace/Che lotta per mezzo pane/Che muore per un sì o per un no./Considerate se questa è una donna,/Senza capelli e senza nome/Senza più forza di ricordare/Vuoti gli occhi e freddo il grembo/Come una rana d'inverno./Meditate che questo è stato:/Vi comando queste parole./Scolpitele nel vostro cuore/Stando in casa andando per via,/Coricandovi alzandovi;/Ripetetele ai vostri figli./O vi si sfaccia la casa,/La malattia vi impedisca,/I vostri nati torcano il viso da voi" (P. Levi, Se questo è un uomo)

mercoledì 3 settembre 2008

Stanza delle vacanze (passate)

In effetti non scrivevo da un po'. Del resto sono così, non amo gli appuntamenti fissi, le consuetudini. Anche per questo non ho MAI tenuto un diario. Non ho da scrivere tutti i giorni. Anche sul blog, non sempre ho tempo, non sempre ho voglia, e, come ormai sapete, per me il PC significa soprattutto lavoro. Chissa come farà Barbara a scrivere spesso...E poi quando sono in vacanza torno a casa solo per dormire. Come mi ha detto un mio ex studente, Mauro, riferendomi che avevano provato varie volte a chiamarmi al telefono, ma ero sempre irreperibile: "professoré, sott'acqua il telefono non piglia" (siamo abruzzesi ed i miei studenti o mi chiamano prof o professoré, che ci volete fare). Insomma, non dico di essermela soltanto spassata (ho anche avuto qualche studente a ripetizione, di quelli che avevano i debiti da saldare) ma non mi posso lamentare. Mare, acqua, Isole Tremiti eccetera. Sono monotona, lo so, ma a me piace così. E poi il piacere di incontrare amici (anche quelli che vivono all'estero, come Barbara), di uscire con loro (di accompagnarli a fare shopping, come con Barbara, e di comprare tutte qualcosa, tranne Barbara che non ha trovato nulla), di andare a mangiare la pizza assieme o girare per borghi, per sagre (vi raccomando il Festival delle Birre Artigianali a Castellalto. Ci trovate da qualche parte attorno ad un tavolo di legno. Barbara no, che non beve). Queste le mie settimane di agosto. Ho continuato con le mie letture (Musil no, non ancora, non ero nella stimmung adatta); in particolare due libri di Mauro Corona, I fantasmi di pietra (bellissimo) e un libro di racconti dal titolo Cani, camosci e cuculi (e qualche corvo). Come sempre bellissimo il libro di Alice Sebold, La quasi luna. In barca ho fregato a Raffaella Ninni Ravazza, Corallari, storie di mare, di immersioni e di coralli, molto bello e coinvolgente. (Raffaella, quando ci porti ad immergerci a Banco Scherchi?).
Ah, poi ho avuto anche altre incombenze.
Già, perché ad ottobre, il 25 per l'esattezza, Fabio ed io ci sposiamo. Dopo una lunga convivenza, abbiamo convenuto che ci siamo stufati di avere solo doveri e nessun diritto. Quindi, alle 17 (alle cinque della sera, per citare Lorca), aula consiliare del Municipio locale. Poi festeggiamo con gli amici. Niente di che, per carità: al comune abbiamo fissato in 5 minuti la data, ai documenti di pensano loro. Per il resto, partecipazioni via PC, un locale dove festeggiare con un bouffet e della musica (io penserei bossanova, devo trovare qualcuno che la suoni), e poi vediamo.
Mah, questi colpi di testa, sarà la vecchiaia...
Evitate i regali, meglio partecipare alla quota viaggio (visto che ci tocca il congedo matrimoniale, cominciamo ad usufruire dei diritti!), che andare a fare le immersioni a Cuba è piuttosto costoso...

sabato 9 agosto 2008

Stanza delle nuove passioni

Che avessi una passione per il Giappone mi era noto da tempo. Non avevo però mai affrontato l'universo Manga, un po' per pigrizia, un po' perché mi conosco, e se mi appassiono a qualcosa devo arrivare fino in fondo e conoscerne ogni aspetto. Come direbbe Sarah, per questioni metafisiche io non ho cercato i Manga, però seppur indirettamente questi sono venuti da me. Colpa di MTV. Già, perché per puro caso, mi sono imbattuta in un "anime" (l'immagine è tratta da quell'anime), "Nana", che mi è molto piaciuto. Erano le tre del pomeriggio (ho acceso la tv mentre aspettavo che arrivassero i miei studenti delle ripetizioni estive) e su MTV ritrasmettevano questo anime di 47 puntate. Ne ho viste alcune e poi ho scaricato la serie completa. Che ci volete fare, quando mi appassiono lo sapete, non conosco le mezze misure: o è passione totale, dionisiaca fino all'estremo, o non è, semplicemente. Insomma, niente male. Se ho ben compreso (mi si perdoni, sono una neofita del genere), dovrebbe appartenere ai manga del genere Shojo, poi dovrebbero esservi ulteriori specificazioni che devo ancora capire. In ogni caso, devo approfondire. Prima o poi mi toccherò andare seriamente in Giappone, e se ci riesco, già il prossimo anno potrei averne l'occasione. Vi terrò informati. Comunque, se vi capita e se amate il genere, guardatevelo, questo anime. Se ne conoscete altri, fatemelo sapere. Questo mi è piaciuto parecchio, anche per l'argomento musicale (le sigle iniziali sono bellissime, prima o poi le scarico e ci faccio la suoneria del cellulare). Nel caso sia già finito su MTV (dovrebbero essere alla 35 puntata più o meno), provate su Youtube. Lì si trova tutto. Iniziate con la prima sigla, davvero niente male! Attendo notizie.

giovedì 7 agosto 2008

Stanza del lettore onnivoro

Solitamente d'estate mi dedico alla lettura. Specifico: amo leggere, e leggo spesso anche durante l'anno (del resto, vivo rintanata nella biblioteca di Hogwarts, un motivo ci sarà...). D'estate, però, leggo più assiduamente, e di solito quei libri ai quali voglio dedicare più tempo, o che sono più impegnativi o sostanziosi. Insomma, sto per affrontare Musil, L'uomo senza qualità. Uno di quei libri che non sono MAI riuscita a leggere (un altro è l'Ulisse di Joyce. Mi fermo dopo poche pagine. Devo avere qualche idiosincrasia per il flusso di coscienza, visto che neanche la Woolf è una delle mie autrici preferite...misteri del leggere. Prima o poi lancerò l'idea dei Libri che non siamo mai riusciti a leggere, una sorta di hit parade dell'insostenibile...). Insomma, riproviamo con Musil. Ho invece letto con piacere un romanzo dell'anno scorso, che ha avuto molto successo, L'Eleganza del Riccio, di Muriel Barbery (che è un'insegnante di filosofia) che ho trovato scorrevole; mentre mi sono imbattuta ne I Pilastri della Terra di Ken Follett che non mi ha detto proprio nulla. E dire che me lo avevano tanto decantato...Devo anche leggere l'ultimo libro di Alice Sebold, scrittrice americana di noir terribili e duri, con un linguaggio asciutto e tagliente più di un rasoio (La quasi luna). Dell'ultimo di Faletti vi ho già detto (dei racconti niente male, leggetelo se avete amato Stephen King), mi è anche piaciuto La solitudine dei numeri primi, di Giordano, mi sembra che abbia vinto il Premio Strega...Lettore onnivoro, appunto. Non disdegno nulla che abbia una copertina più o meno rigida, indipendentemente dal numero di pagine. Non mi interessa. Passo disinvoltamente dai saggi (in questo periodo sto leggendo vari approfondimenti di Claudio Magris, che adoro) ai romanzi ai noir alla fantasy (già, perché ogni tanto sento il bisogno di tornare di nuovo sulla strada verso Mordor...). Hogwarts, appunto, o la biblioteca di Babele, per citare il mio amato Borges. Quando finisco di leggere un bel libro provo sempre una fitta di dispiacere, perché quelle ore trascorse in sua compagnia mi hanno davvero trasportata altrove; e allora provo a centellinarlo, a leggere meno avidamente, ma poi l'interesse per ciò che sto leggendo mi trascina di nuovo, e ricomincio a divorare pagine. Già, perché quando leggo io sono davvero dentro quel libro, vivo davvero quella storia, quella situazione. La trama rimbalza nella mia testa, mi prefiguro situazioni e sviluppi che devo poi andare a controllare riprendendo il libro in mano non appena io abbia cinque minuti di tempo. Ancora due pagine, ancora quattro pagine...a volte ho letto per ore senza accorgermene, e solo la stanchezza visiva mi ha impedito di andare avanti.
All'ennesimo libro acquistato, Fabio, il mio compagno, mi guarda e mi dice: prima o poi dovrai scegliere, o esci tu di casa o escono i tuoi libri (casa nostra è piccola, non abbiamo molto posto...). Però sorride, e quindi continuo a non prenderla sul serio, come minaccia. Poi ogni tanto prende un libro e comincia a leggerlo. Sarà contagioso il virus della lettura? Non lo so. Anche a scuola mi capita di spacciare libri indecorosamente: se un mio studente mi chiede un libro da leggere non resisto, devo almeno prestargliene un paio, è più forte di me...Bene, è ora di cominciare: vediamo cosa succede al minimo barometrico che sull'Atlantico viaggia in direzione della Russia. Poi vi racconto. Di nuovo Musil, quindi.
Si accettano elenchi di libri mai letti nonché consigli e raccomandazioni, sono sempre pronta a raccoglierle quando si tratta di leggere (e solo ed esclusivamente in questo caso!!!)

martedì 29 luglio 2008

Stanza delle fughe estive (2)

Isole Tremiti, dunque. Per me rappresentano la fuga per eccellenza, l'idea archetipa di vacanza. Il mare. In ogni sua dimensione. Sopra l'acqua, possibilmente con una vela e senza motore; in nuotata libera o sotto, che fino a venti metri ci si vede e ci posso pure andare che ho il brevetto. Insomma, la mia idea di libertà: mi accontento di poco...(mah). Sono un posto incantato e selvaggio, stranamente ancora poco turistiche (una Croazia in miniatura, per intenderci), un mare cristallino con tanti pescetti per chi è interessato alla Subacquea (ci sono molti punti di immersione), e dei posti niente male per rilassarsi. Io consiglio il posto dal quale ho fatto le foto, chiosco nella pinetina, splendida vista mare e le amache appese. Lì, sorseggiando il the freddo, dondolandoti al suono delle cicale, osservando il mare, comprendi quanto l'essere umano sia poco tagliato per i ritmi frenetici, per correre, per essere costretto tra mille lacci e lacciuoli inutili e sfiancanti. Riappropriarsi del silenzio (ecco perché vado sott'acqua: senti solo il tuo respiro e niente altro), del lento dondolio dell'acqua e delle amache, degli alberi e del mare. Ecco perché per me le Tremiti sono il prototipo della fuga.

giovedì 24 luglio 2008

Stanza dell'ascolto musicale (rigorosamente dal vivo) 2

Altro concerto live, ieri sera. Definirlo concerto è certamente riduttivo. Già, perché ieri sera il pianista Giovanni Allevi e l'orchestra I Virtuosi Italiani ci hanno regalato due ore di "altrove". Emozioni che fluivano liberamente, note leggere ed evocative (pianoforte, archi e fiati) che colpivano dritte il cuore e che ti allontanavano dalla quotidianità, dal consueto. Potere della musica! Dopo due ore Raffaella ed io siamo uscite più contente, col sorriso sulle labbra, leggere, come se avessimo passeggiato davvero tra i boschi in mezzo agli abeti (Trecento anelli), come se avessimo assistito ad una appassionata dichiarazione d'amore (Come sei veramente), in giro insieme ai venti (Aria). Allevi ci ha raccontato, sottovoce con le parole e poi con le note, sensazioni ed emozioni reali che passavano, libere, e fluivano verso di noi. Altrove, lontano, per due ore, per poi tornare sulla terra, verso le nostre case, con spirito rinnovato, con sguardo più entusiasta, con sorrisi più forti. Leggerezza, come insegna Calvino in Lezioni Americane, come abbiamo appreso ieri sera. Lieve come il tocco sui tasti, come il tono di voce sussurrato, laddove invece la quotidianità, la società, sono pesanti, urlate, terribilmente seriose. Ieri sera abbiamo riscoperto il piacere della leggerezza delle note, dei sorrisi, del tempo umano e non tecnologico. Fa bene ricordarlo, ogni tanto.

lunedì 21 luglio 2008

Stanza della burocrazia

Ovvero, l'eterno ritorno dell'identico. Sono stata all'Università, stamani. Era davvero molto tempo che non mettevo piede a "Gottinga", per citare un racconto del prof. Iengo. Ho anche per un attimo accarezzato l'ipotesi di andare in segreteria e ritirare la mia pergamena di dottorato, ma poi ho cambiato idea. In realtà, ero partita con le migliori intenzioni: accompagnare per un giro informativo due miei studenti che vogliono immatricolarsi a filosofia. Siamo arrivati e subito ho provato una sensazione strana, come di spaesamento. Siamo entrati e mi è tornata alla mente la cara vecchia metafora della torre d'avorio. Tutto immobile, sospeso nel tempo, l'istante che si ripete eternamente ma non perché "così volli che fosse" ma perché DEVE essere così. Soliti discorsi, solite espressioni. Davvero, io non c'entro, e fatico ormai a pensare che tempo fa, Antonella ed io facessimo davvero parte di quel mondo. Oddio, da outsider, da schegge impazzite, ed è per questo che non siamo mai state davvero "organiche" al sistema. Nulla è cambiato, ed è per loro così rassicurante. Non so se Andrea ed Alessio abbiano captato il mio disagio, l'idea che io avevo era soltanto quella di fare un giro all'Università e di parlare con qualcuno che la vivesse dal di dentro. Tanto poi loro andranno a Roma Tre. Aria migliore, certo, ma sempre torre d'avorio. Avranno 5 anni di tempo per accorgersene e poi decideranno anche loro, come abbiamo deciso tutti; o dentro, con quello che comporta aderire alla proposta di Mangiafuoco (devi diventare un burattino, come sa bene Pinocchio), o fuori, per il mondo, in trincea o altrove. Scelte comunque legittime, nessuno le mette in discussione. Ho preferito ritirarmi in un ristorante con i miei studenti a chiacchierare e poi andar via, spegnendo il cellulare, per evitare telefonate dal passato. No, niente disagio, tranquilli. Solo, non avevo nulla da dire. Che il capitolo fosse chiuso da tempo, del resto, era assodato. Nulla da dire, perché non c'entro più niente con le logiche accademiche: non mi interessa sapere chi stia sgomitando per diventare un ricercatore (e ringraziare a vita il barone di turno), né se uno dei miei cari amici alla fine sia tornato sui propri passi (e quindi all'ovile. All'estero, ma all'ovile). Appunto, scelte individuali e pertanto indiscutibili. Sono felice di essere tornata a casa. Du meine Heimat, Einsamkheit...
Detto per inciso, la foto è un vecchio panorama di Heidelberg. Altro mondo, che per un breve periodo della mia vita ho pensato di eleggere a seconda casa, e dove immaginavo di trascorrere un lungo periodo di studi. Chissa come funzionano le Torri d'Avorio in Deutschlandia...

giovedì 17 luglio 2008

Stanza dell'ascolto musicale (in cuffia)

Oggi mi gira così. Oggi musica "a palla". A seconda dell'umore, della stagione, dei vestiti che indosso, del sogno che ho fatto stanotte (non vi conviene che ve lo racconti...). Oggi non sono di buon umore, anyway. Non so perché, non chiedetemelo ("Questo solo possiamo dirti/ Ciò che NON siamo, ciò che NON vogliamo"). Ieri sera, per puro caso, ho incontrato Enrica e Irene, che non vedevo da anni, e non mi sono stupita nel non vederle affatto cambiate. Eravamo lì, per strada, a chiacchierare fra di noi (c'era anche Pita) e mi sembrava che quindici anni non fossero affatto passati. Possiamo avere nuovi hobbies (Enrica non mi stupisce che tu pratichi il Downhill, è proprio da te!), nuove montature di occhiali (l'età avanza), ma, in fondo, non siamo affatto cambiati. Pita parlava di sindrome di Peter Pan, io penso più sullo stile di "Fedeli alla Linea" (mitico album dei CCCP, per restare in tema). Qualcuno, in una delle mie vite precedenti, mi aveva detto che non ero affatto cambiata, che ero sempre la stessa ("solo il tuo sguardo è cambiato, ci è passata altra vita dentro". Belle parole, Mario). Insomma, conversazioni, informazioni su concerti. Io ascolto ancora di tutto. Enrica è andata a sentire i Sex Pistols a Torino (cosa non si fa per i soldi...). Ci sarei andata anch'io, la loro musica è un momento particolare della mia vita. Questa settimana andrò invece ad ascoltare Stefano Bollani (peggio per voi se non lo conoscete) a Castelbasso, poi nell'ordine, come già scritto, Allevi a Pescara e di nuovo Marcus Miller a Castelbasso. In questo periodo sono di questo umore: musica che eleva lo spirito, che ti porta lontano, che ti solleva portandoti via. Ho bisogno di questo, im dieses Zeit. Lontano dalle visioni e dai sogni. Non disdegno neanche la musica celtica, da Enya in su, atmosfere da LOTR che non mi dispiacciono, per mettere le ali alla fantasia sempre più (m)alata. Adesso sto ascoltando i miei cari, vecchi LZ. Musica d'annata da gustare in solitaria. Pregustando un'estate di buoni ritmi, di accompagnamenti musicali. Imprescindibili, per me. Le sortite da Hogwarts sono ormai riservate per rifugiarmi in un altro mondo dorato e rassicurante: quello della musica, della mia musica. Cosa sarebbe la mia vita senza la colonna sonora dei miei momenti, dei vari istanti? Non so, non riesco ad immaginarla. La festa dei miei diciotto anni, ad esempio, della quale ricordo solo Cult e Cure in loop (non osate commentare i miei trascorsi, possiedo tutta la discografia dei Cure); l'hard rock dello zio Iggy, i Led Zeppelin amati da Andrea. I Jehtro e De André, che mi legano a Roberto. Gli Area mi ricordano Milano. I Pink FLoyd e le mie follie (Wish yoy were here ueber alles), gli Stones, gli Iron Maiden ovvero Germany (come anche i Prodigy ed Eric Clapton). Dona, o la Bandabardò. Il concerto di Manu Chao, le atmosfere della Mannoia (Ah che sarà), la musica del Boss, ruvido e duro, la faccia sporca dell'America, parafrasando Conte. Insomma, per fortuna che ho la musica, in certi momenti, anche se devo ancorta capire se NON cambiare sia un bene o un male. Ti ritrovi a volte a fare, a pensare cose che non dovresti aver fatto o pensato, ti ritrovi sempre e soltanto dentro il ghetto, conscio del fatto che NON vuoi uscirne, perché là fuori, semplicemente, il mondo non ti interessa. Dentro il mio ghetto sono in compagnia dei miei libri (Hogwarts, appunto) e della mia musica, soprattutto. Certo, circolano ancora troppe visioni, sogni e ideali. A volte, come in questo periodo, occorrerebbe volare basso. Davvero, però, come scrive mein lieber Fritz, ich kann nicht lange still sitzen. Non ce la faccio a stare ferma, è più forte di me. Almeno mi muovo a ritmo di musica.

martedì 15 luglio 2008

Stanza del burocrate


Era tarda sera, quando K arrivò...
(Questo qui è K, naturalmente). Ho capito che la burocrazia non fa per me, niente da fare. Stamattina ne ho avuto l'ennesima conferma. Relazione di fine anno per i neoimmessi in ruolo. Già, perché per la scuola sono una pivellina, sono solo pochi anni che insegno, del resto. Che io mi sia fatta le ossa nei corsi di formazioneprofessionale o all'università per i burocrati non conta. Sono una pivellina. Contano solo gli anni di servizio effettivo nella scuola, quante volte hai partecipato agli esami di stato. Come se quello che sai insegnare, la passione che puoi trasmettere, si misurino sulla quantità. Il povero Franz ne sapeva qualcosa, di burocrati e del castello. Io non ne ho gran voglia, la salita al castello non mi interessa. Insomma, tutta la mattinata a scuola per relazionare davanti a colleghi con i quali ho lavorato tutto l'anno, che mi conoscono, e davanti al DS al quale non potevo rispondere come avrei voluto. Il pranzo consueto con gli altri colleghi e io che mi rendo conto di cosa significhi la NOIA esistentiva. Va beh, archiviata anche questa, ripartiamo da zero e vedremo cosa accadrà il prossimo anno...

lunedì 14 luglio 2008

Stanza dell'ascolto musicale (rigorosamente dal vivo)

Quest'anno ho deciso di concedermi qualche ora di ascolto di buona musica rigorosamente dal vivo. Ho quindi cominciato ieri sera, in quel di Colonnella, Piazza del Popolo (se capitate dalle parti dell'Abruzzo teramano andateci a Colonnella, il centro storico, piccolino, merita una visita, come anche le aziende vitivinicole della zona. Io consiglio il trebbiano -uva passerina o Passera delle Vigne- di Lepore). Dunque, gli Avion Travel ieri sera. Ottima musica, ottimi performer. La musica dal vivo possiede quell'immenso potere di riconciliarti col mondo, di farti dimenticare il quotidiano e di portarti altrove, proprio come i miei adoratissimi libri. Vale la pena uscire da Hogwarts per assistere ad un concerto. Anche per questo adoro la musica, di vari e disparati generi. E poi ieri sera, oltre alla musica, abbiamo goduto della loro leggerezza e della loro ironia, il che non guasta. Gli Avion Travel li conosco da parecchi anni, li ho visti una prima volta dal vivo a teatro in uno spettacolo di teatro canzone insieme a Fabrizio Bentivoglio (stiamo parlando del 1996 più o meno), e ho sempre seguito la loro musica. Quest'anno il tour parte dalle canzoni del loro ultimo disco, nel quale rivisitano alcuni brani di Paolo Conte. Ascoltatevi, se vi capita, "Un vecchio errore". Io la adoro, come anche "Elisir", con il contributo di Gianna Nannini. Che volete farci, sono una nostalgica della buona musica. Vi anticipo già il prossimo concerto che andrò a sentire: Giovanni Allevi a Pescara. Preparatevi, dunque, quest'estate vi tedierò con le mie pseudorecensioni....

sabato 12 luglio 2008

Stanza delle visioni estive



Nelle giornate estive, dal momento che vivo in un posto di mare, me ne vado in spiaggia. Di solito il mio orario preferito è dalle 12 alle 16. Non c'è molta gente, a quell'ora, e posso leggere in tranquillità (Marcela Serrano, I quaderni del pianto) o ascoltare la mia musica sonnecchiando. E poi, per rilassarmi, dopo un bel bagno, mi metto a fissare il mare. E seguo i miei pensieri, li lascio defluire liberi, senza doverli per forza ordinare. E si intrecciano, provocati dal passeggio delle persone sulla battigia, dalle conversazioni dei vicini di ombrellone, dall'osservazione delle variegate solitudini che affollano il tratto di spiaggia compreso nel mio orizzonte visivo. Nel corso degli anni sono transitate varie e molteplici personalità, su quel microcosmo siliceo, e la mia ombra a pagamento ha offerto ripari a svariate conversazioni: insomma, l'angolo di spiaggia come metafora del brulicare dell'universo. Dunque non stupitevi se incontrate persone e comportamenti non di vostro gradimento, bei corpi fieri di essere mostrati e disagi mascherati da sorrisi di circostanza, conversazioni banali e divagazioni sul quotidiano. Le stesse persone che incontriamo al lavoro, sul bus, per le nostre strade.
Non ho ancora capito se esserne contenta o meno.
Torno ad ascoltare gli U2, almeno loro non cantano troppe banalità.

giovedì 10 luglio 2008

Stanza del dormiveglia

Qualche volta mi accade di passare delle notti in bianco, così, senza dormire. Ogni notte in bianco ha un significato a sé, però. Ne ricordo una carica di attesa leggera, elettrizzata da un colpo di fulmine in piena regola, nel tentativo di non dimenticare parole dette per caso, la notte che ho conosciuto Andrea.
Un'altra, invece, pesante e nera di angoscia, pungente come una roccia scalfita, unico compagno un libro dal quale trarre risposte a domande che non volevo pormi, quando è finita la storia con Gianluca.
Altre notti cariche di stanchezza e di energia lavorativa, nelle quali fai fatica ad ordinare alle tue meningi di fermarsi, da troppo tempo in movimento, e continui a pensare alle cose da fare, a quelle fatte ed al tempo che ti rimane per le scadenze.
Altre inquiete e cariche di presagi, assisti alla finestra a piccole catastrofi e guardi, convitato di pietra, fiumi di fango scendere e salire.
Altre strane, immerse in dormiveglia e parole, nelle quali non ti orienti bene, senti che hai forse qualcosa per le mani che eternamente sfugge e che non sai bene se e come afferrare. Vorresti attendere, ma non sai farlo, forse non vuoi, né sai che ciò che stai per fare o hai fatto sia la cosa più giusta da fare.
E rifletti, e pensi, in un limbo estivo, mentre fuori già albeggia e vagheggi incontri che mai ci saranno, solo per assecondare fantasie egoistiche.
Non si potrebbe, semplicemente, dormire?

mercoledì 9 luglio 2008

Stanza della coscienza civile

(Estratto da uno scritto di Antonio Gramsci. Un individuo che ha pagato con la galera a vita il prezzo altissimo della coerenza con le proprie idee)
Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L'indifferenza è il peso morto della storia.
L'indifferenza opera potentemente nella storia.
Opera passivamente, ma opera. E' la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l'intelligenza.
Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perchè la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare.
La massa ignora, perchè non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch'io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perchè mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l'attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c'è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano.
Vivo, sono partigiano.
Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.
Questo il pensiero di Gramsci.
Così, en passant. Pensatene quello che volete, che vi suggerisca ciò che credete.
Con amore e con rabbia, naturalmente.

martedì 8 luglio 2008

Aule scolastiche

Esami di stato, dunque. Abbiamo appena terminato, abbiamo già affisso il tabellone con gli esiti (già, perché pubblichiamo gli esiti numerici delle prove scritte e non l'esito globale numerico dell'esame per un non ben chiaro diritto alla "pràivasi". Welcome in Italy....).
Cosa raccontare che io non abbia già detto, cosa riferire che non mi abbia già fatto incazzare...Procediamo con ordine.
1. Ulteriore conferma della mia più totale idiosincrasia nei confronti della burocrazia
2. Aggiungiamoci anche nei confronti di ogni dogmatismo (occorre diffidare di coloro che hanno troppe certezze, sempre. "Bisogna diffidare dei sistematici: io per la strada li evito. La volontà di sistema è una mancanza di onestà" -mein lieber Fritz, naturalmente-)
3. Perché questo qua ha continuato a chiamare le professoresse "signora" e il professore appunto "professore"? Ragazzi miei amatissimi, cercate di non usare queste distinzioni verbali. Alla lunga provocano allergie e forti intolleranze (a proposito, l'idealismo E' HEGEL soltanto. Il resto sono solo "chiacchiere e distintivo" -citazione dal film Gli intoccabili; anche Freud è importante per la filosofia; mentre della vita di Schopenhauer non so che farmene)
4. Detesto le persone che vogliono sentirsi ripetere le parole che hanno già in mente
5. Non capisco come mai sia ancora piuttosto diffusa l'equazione professore giovane=incapace di intendere e di volere (devo chiedere alla collega di matematica che tipo di equazione sia)
6. Per fortuna ci sono state delle belle sorprese
7. Non tollero affatto coloro che non lasciano parlare gli altri
8. Quest'esame è concepito male: perché è un esame aritmetico, e studenti brillantissimi, e appunto perché tali, lunatici, non prendono il massimo
9. Ho deciso che smetto di fare gli esami, ecco tutto
10. Qualora dovessi rifarli (visto che non posso sottrarmi) dovrò procurarmi qualche sostanza naturale che mi faccia vedere TUUUUUTTO ROSA!!!!!! (oppiacei? ricordarsi di leggere cosa ne dice Baudelaire)

Stanza delle visioni diurne (Deliri?)

(Alcune persone sanno quanto io sia fanatica di LOTR, sia del libro che del film. Molti sanno che per me questo libro rappresenta molto di più di un semplice testo...). L'estate mi causa spesso dei terremoti interiori. Forse perché oggi non ho affatto una Stimmung positiva, forse perché oggi sento abbastanza forte lo struggimento da calura estiva, forse perché oggi non ho neanche più voglia di arrabbiarmi, insomma forse perché oggi mi gira così, lascio le briglie sciolte alla fantasia. Del resto, il fatto che io sia una grande lettrice di Fantasy significherà pure qualcosa. Le mie meravigliose amiche sghignazzeranno, come sempre, delle mie improvvise impennate di fantasia. Che volete farci, vi chiedo già in anticipo scusa, è che quando mi lancio non mi fermo, mi diverto troppo, mi godo l'ebbrezza dell'attimo, il fascino del dionisiaco. Ovviamente sono una ribelle. Fin dentro le ossa. Sovvertire gli schemi spesso è la mia parola d'ordine. E dunque, che questo piccolo sogno (del quale ho accertato l'esistenza solo qualche giorno fa -quando l'ho portato a livello conscio-) mi accompagni per questo periodo, poco importa se si concretizzi o no. Come sempre, cercherò di muovermi in punta di piedi, senza far del male né creare dolore, aggirandomi, come insegnano gli elfi di Arwen, nel bosco incantato cercando di non arrecare il benché minimo danno. Che io esca dal libro e mi rituffi nella realtà con tutto il piccolo sogno è altamente improbabile: ma, come racconta il mio amatissimo EAP, "diremo dunque che sono un visionario"...Lo so, periodicamente ricado nella zona d'ombra, ma è evidentemente ciclico, forse concomitante con incertezze o riflessioni troppo accentuate. Non so, allo stato delle cose, se questo piccolo sogno posssa diventare altro (nel caso andare a finire nell'appendice finale del blog "Stanza dei sogni realizzati)...non so, e adesso mi dirigo a quel particolare lettore, se questa sia una mia visione, un mio delirio, una mia idea.
Non ci fate caso, sto delirando.
"Tieni i tuoi sogni! I saggi non ne hanno di così belli come ne hanno i pazzi" (Ch. Baudelaire, ovviamente).

venerdì 20 giugno 2008

Gli esami non finiscono mai

Siamo spesso sotto esame, nella vita. Siamo noi stessi che ci sentiamo sub judice per le mille scelte che dobbiamo compiere, per i sentieri che dobbiamo imboccare. Costantemente, dunque, abbiamo delle prove da superare. Ma l'ansia resta, l'ansia non riesci a dominarla, l'inquietudine che deriva dal fatto che non dipende solo da te, l'esito, ma da quelle variabili terribilmente soggettive che sono le persone di fronte a te. Eccoli, quindi, i mie studenti alle prese con i fatidici esami di stato, affrontarli con un carico di tensione che spesso maschera l'incertezza per il loro futuro. Compito della scuola a mio avviso è consegnarli alla vita con in mano e in testa le chiavi di lettura, le bussole per navigare in mare aperto, come meglio possibile, per non andare alla deriva, per non perdersi. Non ce la faremo mai a farli arrivare tutti in porto. Io ogni volta che termino gli esami di stato mi porto dietro questa malinconia: reincontrerò i loro sguardi, e li troverò mutati: a volte corrotti dal tempo, a volte tristi, più spesso fieri delle proprie esperienze. Gli esami di stato per me rappresentano allora un ulteriore esame che faccio a me stessa (fossi mai contenta di quello che faccio!!!!): da come i miei studenti reagiscono, affrontano la prova, cerco di decifrare ogni volta dalle loro reazioni quanto io sia stata in grado di metterli in condizione di reagire, di rispondere, di affrontare le difficoltà.
Devo aver letto da qualche parte che non è la vita a metterci in difficoltà, ma sono le nostre reazioni di fronte a ciò che ci accade che ci rendono la vita facile o difficile. Non esiste un fatto bello in sé o brutto in sé. Se vinco un milione di euro alla lotteria e poi impazzisco e combino casini perdendo coloro che mi sono accanto la vittoria alla lotteria è stato un bene o è stato un male? Le cose accadono. Siamo noi che dobbiamo intepretarle, prenderle per mano e superarle. La vita accade. Nel bene e nel male. Cosa è però bene o cosa sia male, a volte, sta a noi deciderlo. La vincita alla lotteria di cui sopra è bene o male? La morte di mia nonna, tra atroci sofferenze, è bene o male (per lei, per noi)?
Lo so, che ci posso fare, non a caso insegno filosofia e continuo a studiarla. Ogni tanto mi capitano i periodi di riflessione. Ovviamente, poi, con gli esami di stato ed i miei studenti che si interrogano sul loro futuro, certe considerazioni vengono in automatico...ça va sans dire! Leggo poi libri consoni al mio umore, e quindi, in questo periodo, oltre l'ultimo di Terzani (o, meglio, quello che il figlio ha raccolto), l'ultimo di Faletti (Pochi inutili nascondigli, se vi piace Stephen King amerete anche questi racconti, io li ho letti tutti di un fiato), l'ultimo di Camilleri su Montalbano (Il campo del vasaio, lettura da spiaggia), sto leggendo anche altra roba filosofica e molto pesante che non sto a dirvi. Insomma, capita così, in questo periodo. E ripartiamo con nuovi esami...

venerdì 6 giugno 2008

Stanza del tempo ritrovato

Lo stato di profonda insofferenza che mi caratterizza in questo periodo a volte lascia il posto a stati di benessere transitori, nei quali mi sento un po' più in pace col mondo. Questo mi capita ad esempio quando mi ritrovo con degli amici a cena (vedi foto insieme a Grazia) e ovviamente, quando sono con i miei studenti, che mi riconciliano col mondo. Ieri sera, quindi, come ogni fine anno, soprattutto con le quinte classi (in vista degli esami di stato), dopo gli scrutini sono stata a cena con la mia quinta liceo. Spesso i miei studenti mi ringraziano, quasi sempre perché non li tratto in maniera indifferente (non riuscirei mai a lavorare senza interessarmi delle persone che ho di fronte, anyway). Sempre io ripeto che sono io a ringraziare loro, perché se non sono completamente incazzata col mondo intero è perché il confronto quotidiano con loro mi fa essere meno pessimista di quanto io lo sia in questo periodo.
Mi basta entrare in una qualsiasi delle mie classi, per cogliere nei loro sguardi la più totale mancanza di corruzione e di degenerazione tipiche dell'età adulta, quello sguardo limpido che loro non sanno di avere, presi come sono dalle fragilità tipiche della loro età.
Anche per questo ogni tanto vale la pena di uscire fuori da Hogwarts, che ormai per me rappresenta un rifugio ed una protezione, il mondo ideale dei libri: tra quelle pagine mi sento sempre più a mio agio, meno insofferente, più lontana e per questo più a casa.
Ascoltare le loro enormi sofferenze e le loro vittorie mi fa pensare che forse nulla è definitivamente compromesso, e torno ed essere la solita, inguaribile idealista. E così ieri i miei studenti sono quasi riusciti a commuovermi con i loro gesti infinitamente attenti e carichi di affetto: un regalo sentito come un biglietto (ognuno di loro me ne ha scritto uno) ed un fiore vale più di un qualsiasi oggetto. Per fortuna ci sono loro. Grazie ancora, ragazzi miei. Di cuore.

Stanza delle fughe primaverili


Siamo stati a Zurigo per un Weekend lungo, ospiti di Paola ed Amir. Credo che i pregiudizi abbiano la sola ragione di esistere per essere smentiti, per fortuna. Insomma, non ce la aspettavamo così, Zurigo. Avevamo in testa il clichet della Svizzera verde, degli orologi e del cioccolato, ed abbiamo scoperto una cittadina dai modi lenti e umani, affaccendata attorno alle piccole cose ed attenta ai rapporti umani. Abbiamo girato in bicicletta sotto il sole e lungo il lago osservando la normalità delle famiglie all'aria aperta, i padroni di animali con rispettiva bastiola al guinzaglio, tutti rigorosamente a piedi, mai di corsa e mai incazzati. Abbiamo osservato angoli di microcosmi lontani, dove le persone si riuniscono attorno a giochi antichi e impiegano in quel parco tutto il loro pomeriggio e sera, tutti insieme, uomini, donne, ragazzi, dove ci si può prendere un bicchiere di vino, sedersi all'ombra e fumare in santa pace. Abbiamo girato a piedi sul lungofiume assaporando quella tipica atmosfera estiva così lungamente attesa solo nei paesi nordici. Non abbiamo potuto fare a meno di ammirare comunque il traffico regolare e tutta la sequenza di luoghi comuni. Città incantevole!
E soprattutto, mentre all'aeroporto al ritorno eravamo da mezz'ora in coda per i documenti in uscita (e Fabio diceva malevolo "Welcome back!"), riflettevo. Certo, l'Italia. Anche lei con i suoi clichet e luighi comuni. Che però a volte rimangono solo sulla carta, senza trovare applicazione concreta, in negativo, ma anche in positivo. Troppa fretta vedo intorno a me, a volte sembriamo aver dimenticato la sotile arte del godersi la vita, tutti troppo incazzati, tutti troppo di corsa, tutti toppo preoccupati del far quadrare i conti, delle rate della macchina da pagare, del mutuo, delle rate per il megatelevisore perché adesso ci sono gli europei e non vuoi vederteli nella santa pace di casa tua con un megamaxi schermo? Che fuori c'è brutta gente, non vale la pena di uscire, non lo sai che ti può capitare qualsiasi cosa, e poi si spende troppo, chissà il tuo amico con quali soldi si è comprato l'ultima novità tecnologica...
Che caldo, c'è troppo sole, meno male che in casa ho l'aria condizionata, cosa vado a fare in spiaggia, il mare è inquinato, troppo casino, troppa gente di cui non mi fido, troppi vu cumprà...
Ovviamente non è sempre così', per fortuna, ma il morbo dilaga lentamente, come un contagio, come una nuova ombra dello scorpione. Rinchiusi, diffidenti, scontenti, sempre alla ricerca di nuove cose da possedere per colmare dei vuoti sempre più ampi nelle nostre vite.
Che tristezza. Mai avrei pensato fosse meglio la Svizzera. Vado a mangiare un pezzo di cioccolato che ho comprato all'aeroporto.
Coninuiamo così, facciamoci del male...

mercoledì 28 maggio 2008

Stanza degli sfoghi verbali



Decisamente sono molto arrabbiata. Il problema ovviamente è che non so perché, non so esattamente contro chi, non so esattamente per quanto tempo né da quando io mi trovi in questo stato. Semplicemente, lo posso constatare. Mi scopro intollerante non solo agli alimenti, insofferente verso la maggior parte degli atteggiamenti delle persone. Comincio a non sopportare più coloro che mi dicono cosa io debba esattamente fare o non fare, coloro che credono di farsi furbi alle tue spalle e pensano così di approfittare del tuo lavoro (e fanno pure gli offesi se poi ad un certo punto ti rifiuti). Poi parto con la sequela di no, no grazie, non posso, preferirei di no eccetera e tutti rimangono allibiti. Colpa mia, certo. Sono io che li ho abituati alla dipsonibilità. Devo ancora imparare a dosare affermazioni e negazioni, sono un'estremista anche in questo.
Sono decisamente arrabbiata. Poi combino i danni, come del resto ho imparato a conoscere negli anni. La conosco, la delusione dipinta nei loro occhi, le espressioni incredule al mio netto no grazie, preferirei di no. E poi si va a finire male. Già, perché io non ho mai risposto. Mi sembra abbastanza inutile discutere con chi pensa di avere ragione a priori. Fiato sprecato. Peccato che dall'altra parte si pensi che io stia dando loro ragione. Mi dispiace, non hanno ancora imparato a conoscermi. E io che credevo che fossero miei amici.
Ma non sono arrabbiata solo per questo. Non mi piace l'aria che si respira qui attorno, non mi piacciono quasi tutti i discorsi che ascolto, non mi piacciono le chiacchiere da autobus, non mi piace parlare per sentito dire. Preferirei di no, preferirei non parlare.
Mi sento alquanto inattuale, non credo di avere completamente torto. A volte, però, i mulini a vento mi sembrano così insormontabili. E fuori piove. Aveva ragione Bartleby: Preferirei di no, grazie.
Continuiamo, va, sempre in direzione ostinata e contraria, per dirla con Faber.

lunedì 26 maggio 2008

Stanza delle donne (2)


In realtà, questo post nasce da un commento ad un recente post di Barbara, che pare abbia suscitato grandi dibattiti. Come sempre, quando si parla di sessismo, di battute sulle donne e dell'Italia. Che volete che vi dica, anche per questo ho eletto da tempo a mia dimora la biblioteca di Hogwarts. I miei libri, il mio mondo, preferisco il ghetto alla realtà dei fatti. In Italia si respira un'aria strana, xenofoba, certo, omofoba e sessuofoba. Che le battute sulle donne siano all'ordine del giorno non è una novità, purtroppo. E che l'attuale presidente del consiglio abbia dato come rimedio ad una precaria il matrimonio con un miliardario (ad esempio il figlio) non me lo sono inventato io. Devo ancora compierli, 40 anni, ma è un dato di fatto che io ho vissuto sulla mia pelle che al momento del dottorato in filosofia ero io l'unica donna con borsa di studio ed i professori mi guardavano con l'aria sorpresa (cosa ci fa questa in un luogo simile. Lo diceva anche Aristotele, nel quarto secolo avanti Cristo). Come è anche un altro dato di fatto (che personalmente mi manda in bestia) che le persone, uomini e donne, si rivolgano a me sempre con l'appellativo di signorina (prima), signora (adesso. non sono sposata, ma ho ormai un'età) e non con il titolo che mi spetta, sia esso dottoressa prima e professoressa poi (titoli per i quali ho studiato per superare esami, lauree, dottorati e concorsi di abilitazione); mentre ai miei colleghi uomini si rivolgono sempre e comunque col titolo di professore...Ma questo avviene in tutti i campi. La signorina in camice bianco che viene ad aprirti in ambulatorio è sempre l'infermiera, non ti viene neanche in mente che sia la dottoressa, eccetera eccetera.
Lavori, ma a casa tocca a te. Sei fortunata se hai un marito, un compagno che decide bontà sua di darti una mano. Tanto se non riesci a stare dietro a tutto sono comunque problemi tuoi, sei tu che non sei in grado di mandare avanti una casa con tutto quello che essa comporta. E' tuo dovere, e dovresti anche sentirti in colpa se non ce la fai. Se anche le tue amiche, laureate e di sinistra, per il tuo complenno decidono di regalarti un vaso per i fiori e non qualcosa per la tua persona, vuol dire che Elena Gianini Belotti non se li è affatto inventati i condizionamenti culturali. E che per descrivere una professionista di non importa quale settore si ricorra comunque a metafore sessiste non è una novità, lo si fa sempre e comunque sui media tradizionali. Che i pregiudizi di genere siano ben radicati in Italia non se lo è inventato ovviamente nessuno.
Siamo ancora zitelle, non single. Abbiamo l'obbligo di lavorare, badare alla casa, ringraziare se il nostro uomo dà una mano in casa e pure sentirci fortunate, essere sempre attente a noi stesse (parrucchiere, manicure, eccetera) perché dobbiamo sempre apparire perfette, dimostrare di valere il doppio dei nostri colleghi uomini per poi sentirci dire che è colpa nostra se non vogliamo avere figli, che siamo egoiste perché pensiamo solo a noi stesse.
Vogliamo fare troppe cose, ovviamente è colpa nostra se non riusciamo a fare tutto quello che ci viene richiesto: abbiamo sempre degli obblighio verso qualcuno. Se i miei genitori sono anziani e malati, è compito mio accudirli, per fortuna che adesso esistono LE badanti che ci aiutano altrimenti le donne sono costrette a lasciare il lavoro (poi si sa che non sempre un solo stipendio in famiglia basta e quindi anche la donna è bene che conservi il suo posto di lavoro, subordinato a quello del marito naturalmente); cosa ne sa di accudimento un uomo che ha sempre demandato questo alla donna, come del resto ha fatto lo Stato in Italia.
Se ci sono problemi economici e sociali sono sempre le donne le prime a rischiare posto di lavoro, sicurezza economica e conquiste sociali (194, asili nido eccetera). Tanto, la donna è abituata a subire, in silenzio, abusi e violenze. Non per niente rimangono la prima causa di morte per le donne nel mondo.
Confidiamo nelle streghe, che è meglio. Almeno non sognano di diventare veline e non hanno come massima aspirazione nella vita di partecipare ad un programma della De Filippi e di sposare un milionario come il figlio di Berlusconi.

sabato 17 maggio 2008

Stanza delle domande consuete



Cerco qualcuno che mi spieghi cosa significhi identità. Mi dispiace ma non l'ho ancora capito. Prendiamo il mio caso, ad esempio. Sono una donna, ok. Europea, penso, italiana, credo. Laica, fondamentalmente anarchica, amo Tolkien e la fantasy, Nietzsche e Juenger, filotedesca, fanatica delle regole della convivenza civile ma in macchina supero sempre i 50 km orari; salutista ma adoro la birra, intollerante e non solo al nickel, sebbene intollerante spesso con gli intolleranti...potrei continuare per ore, e tutte queste cose insieme parlano di me, sono parte di me. Ma niente di queste singole parti descrive l'intero. Per gli esseri umani, infatti, non valgono le proprietà dell'insiemistica. Io sono tutte queste cose e anche altre, e ritengo molto limitante essere definita sulla base di uno solo di questi parametri. Sulla base di cosa mi si definisce soltanto su un parametro? E' sufficiente dire di me che sono Italiana? Sono nata in Italia, certo. Molti aspetti dell'Italia però non mi identificano: non sono cattolica, non ho votato per Berlusconi, non salgo sul carro dei vincitori, non sono mai stata raccomandata eccetera. Cosa mi accomuna, a me che sono seppellita qui dentro la biblioteca di Hogwarts ad un milanese o ad un trapanese. Abbiamo davvero molto in comune io e costoro? Già, perché se l'identità è una ed una sola (ancora la matematica applicata agli individui), dobbiamo far parte tutti indistintamente della stessa categoria. Neanche i miei amici, le mie amiche hanno molto in comune fra loro, figuriamoci gli sconosciuti. Identità religiosa? Figuriamoci! Sono anni che non metto piede in una chiesa, che visito moschee e sinagoghe per puro interesse culturale. Io non c'entro niente, mangio anche il prosciutto al venerdi santo. Identità culturale? AHAHAHAHA!!!! Quanti di noi hanno letto tutto Dante, Boccaccio, Manzoni, Leopardi, Calvino eccetera????? Identità è parola violenta, perché come tutte le semplificazioni taglia le sfumature, che sono la ricchezza degli esseri umani. Identità è parola finta, perché essa è di fatto una costruzione della cultura egemone del tempo. L'identità italiana degli anni 50 è forse la stessa di quella attuale? Siamo davvero gli stessi? Sempre e comunque uguali? Identità è parola pericolosa, perché in nome di essa, si commettono le più atroci barbarie. Noi contro loro. Il problema è come, chi, e quando si stabilisca chi siano i "loro" contro cui scagliarsi. In pieno nazismo, Goebbels (anima candida, vero?) soleva dire "lo stabilisco io chi è ebreo e chi no", e sappiamo cosa voleva dire essere ebrei in Europa dopo il 1933 (e in Italia dopo il 1938). L'identità è un paravento dietro il quale abiurare alla ragione. E come sempre, il sonno delle ragione genera mostri, violenze, rappresaglie, roghi di libri e inquisitori. Auguriamoci sempre un sobrio esercizio della nostra razionalità.
Per questo non posso tollerare il clima di intolleranza, xenofobia ed aperto razzismo che circola nell'aria come un veleno per le menti.
Dalla dichiarazione in difesa della razza del 1938: "E' tempo che gli italiani si proclamino francamente razzisti". Poi ci fu l'8 settembre 1943, la resa dello stato. Poi ancora a Roma, il 16 ottobre 1943. La razzia nel ghetto ebraico. Tornarono dagli inferni dei lager in 17 persone. Una sola donna e nessun bambino sopravvisse ad Auschwitz.
Quando vedo in televisione la gente che applaude ai roghi nei campi nomadi, penso ai tedeschi all'alba di quel 16 ottobre 43 che stanavano ridendo gli ebrei che tentavano di salvare le loro vite. I bambini ebrei con gli occhi spalancati sull'orrore. Come quei bambini Rom che ho visto in televisione. Lo stesso sguardo.
Ecco perché rimango ad Hogwarts, tra i miei libri, tra i miei classici, Dante, Calvino, Gadda e tanti altri, fino ad arrivare a Roberto Saviano. Io non c'entro niente con questa Italia. Qualche volta penso di essermi scelta un lavoro à la Don Chischiotte, che combatte contro i mulini a vento. Oggi va così. Domani, forse, riprenderò a combattere. Oggi mi siedo e aspetto. "Io non ci sarò. Io mi siederò ed aspetterò. Seppellite il mio cuore a Woundned Knee" (Woundned Knee è passato alla storia come uno dei più grandi massacri di pellerossa da parte delle giubbe blu americane).
Niente letture consigliate per questo post.

giovedì 15 maggio 2008

Stanza del tempo che fugge


Parlavo con Eliana e mi raccontava della malattia di una persona che lei conosce, alla quale hanno diagnosticato un mese circa di vita. Mi sono spesso chiesta (che ci volete fare, mi faccio spesso sto genere di problemi) come diavolo mi sentirei se qualcuno o qualcosa, mi dicesse che il mio tempo sta per scadere, sia pure fra un mese, fra un anno, fra dieci. Un po' come l'inizio terribile del libro di Terzani Un altro giro di giostra che inizia con la diagnosi "signor Terzani, li ha un cancro". Come sempre, come mi diceva qualcuno in una vita precedente, Il problema non è lo spazio, bensì il tempo. Non che io ne abbia l'ossessione, per carità. Mi pongo però il problema del come io trascorra il mio tempo. Ecco, direi che ho l'ossessione del tempo vuoto. Non riesco a stare troppo a lungo ferma, senza fare, senza pensare, senza programmare. Come se dovessi riempire i tempi morti con qualcosa. Pour ne pas sentir l'horrible fardeau du temps...ancora il mio amato Baudelaire. Non mi interessa lo scorrere del tempo, né mi interessano le mie rughe ed il fatto che non riesca più ad andare a dormire alle due di notte per poi alzarmi alle sette del mattino come se niente fosse...mi interessa però guardarmi indietro e chiedermi se io abbia fatto abbastanza per cercare di riempire la mia esistenza. Come se fosse facile stare dietro ai propri sogni. Già, perché per riempire l'esistenza io non mi accontento di cose materiali. Troppo facili, scontate. Ideali, sogni, rincorse, stelle e pianeti, ecco cosa intendo io per riempire l'esistenza. Continuo a vivere, come dice Fabio, incastrando il mio tempo come le tessere di un puzzle senza fine, tessendo trame, raccattando pezzi, cercando di quando in quando di vuotare le tasche di un passato carico di memorie. Occorrerebbe un bel pensatoio, come quello del preside di Hogwarts, nel quale sversare i ricordi troppo ingombranti, per guardare con occhio leggero il futuro. Correre verso di esso, ma non troppo velocemente, casomai perdessi di vista i miei tentativi di riempirlo.
Ecco, forse farei così, se mai mi dicessero che il mio tempo sta per giungere a scadenza. Verso il futuro, comunque sia, cercando di riempire il mio tempo, istante per istante. Che fatica, a volte.
La citazione di Baudelaire è tratta da un meraviglioso poemetto in prosa (Le spleen de Paris), intitolato Enivrez-vous (Inebriatevi). Ho sempre preferito i poemetti in prosa alle poesie de Le fleurs du mal.
Enivrez vous! Enivrez vous sans cesse! de vin, de poesie ou de vertu, a votre guise...

mercoledì 14 maggio 2008

Stanza delle fughe estive



Il bello del vivere in Italia, almeno, è che fin dalla fine di Aprile assapori l'estate, che a volte fa capolino e si preannuncia in quelle belle ed assolate giornate che ti invitano ad andare fuori, da qualche parte, "n'importe où" direbbe il mio Baudelaire. L'incredibile privilegio dell'abitare in un paese sul mare è che proprio in questi periodi di ponti e vacanze, la spiaggia si rianima, si rimette a nuovo, torna a prepararsi, inesorabilmente, per l'assalto dei turisti. Noi indigeni approfittiamo dei pomeriggi assolati per goderci la spiaggia, il mare, la passeggiata ancora selvaggia e trascurata, per rilassare mente e corpo in un gradevole silenzio. Un sabato pomeriggio al mare, una domenica in bicicletta per ricaricare le pile in vista degli impegni settimanali e sentirsi, in fondo, alquanto privilegiati, ad abitare in questo angoletto di Italia, senza grandi città, senza troppo caos. La famosa dimensione umana della terribile provincia italiana. Salvo poi fuggirne a gambe levate quando la provincia si anima e si affolla nelle giornate agostane, per scappare e respirare aria limpida e brezza di mare. Sotto l'acqua, se possibile, qualche metro sotto, così nessuno può raggiungerti; o lontano, alla deriva, solo con le vele. Per ricordarti sempre che la vita può anche scorrere al ritmo dei tuoi battiti cardiaci. Non è necessario, spesso, correre più forte.
Ora, per l'appunto, vado a fare una passeggiata sulla spiaggia, prima di tornare al lavoro.

Stanza della politica (2)



En passant. Genova 2001.
Nel frattempo, mentre mi trovavo in biblioteca a studiare qui ad Hogwarts, perché per ottenere un M.A.G.O. occorre studiare molto, in Italia si è votato. Anzi, mi sembra che proprio stamani in uno dei due rami del parlamento si stia discutendo sulla fiducia (scontata) al governo Berlusconi IV. Indipendentemente dal fatto che io l'abbia votato o meno (la seconda che ho scritto), c'è qualcosa che proprio non mi è andata giù. Ciò che non ho condiviso della recente campagna elettorale è stata l'interpretazione della parola "SICUREZZA". I nosti candidati se ne sono beati in ogni conferenza, in ogni dibattito. Bene, ci vuole, qui in Italia, un po' più di sicurezza, è vero. Abbiamo davvero troppe insicurezze che ci paralizzano e che non ci fanno essere molto ottimisti sul futuro. L'elenco è lungo: non c'è sicurezza del proprio posto di lavoro (si chiama precarietà, ma non ne ho sentito molto parlare in campagna elettorale); quando il lavoro ce l'hai, non c'è sicurezza sul posto di lavoro (morti bianche, le chiamano. Siamo a cifre impressionanti, e trovo assurdo che una persona esca di casa per andare a lavoare e non torni più dai suoi cari. Non ne ho sentito parlare in campagna elettorale, se non per effetti propagandistici); sicurezza sui propri investimenti economici (Cirio, Parmalat, dicono qualcosa? Perché altrove questi signori che hanno truffato i risparmiatori e quindi ingannato il mercato sarebbero in galera e qui no? Non ne ho sentito parlare per niente in campagna elettorale); sicurezza sulle pene comminate a chi commette un reato (indulti, scarcerazionio facili. Di questo ne hanno parlato. Ma solo per gli stranieri. Uno che delinque deve scontare la pena, indipendentemente da dove sia nato); sicurezza per le donne, che non è solo leggi antistupro (le donne, al mondo, muoiono soprattutto per violenza domestica, ricordiamolo), ma anche sicurezza per una maternità consapevole e responsabile, che comporta asili nido, congedi parentali, diritto al lavoro (qui nella mia zona esistono ancora le dimissioni firmate in bianco nel caso una donna decida di mettere al mondo un figlio).
Per questa gente, invece, sicurezza significa soltanto evitare sbarchi clandestini, mettere in galera i rumeni ed eliminare i campi Rom.
Ecco per loro cosa significa sicurezza. Grazie anche alla complicità dei media, se a delinquere è un non italiano, i telegiornali ed i giornali fanno da cassa di risonanza. Se 4 idioti uccidono a calci un ragazzo in una qualsiasi città d'Italia (Verona, nella fattispecie, ma poteva essere ovunque), si cercano le spiegazioni sociologiche. Se fossero stati non italiani come minimo, dopo regolare fiaccolata di protesta, si sarebbero sprecati i sondaggi pro o contro la pensa di morte. Non ne ho visto traccia, su nessuna rete, in nessun telegiornale. Il sonno della ragione genera mostri, e quello della memoria li alleva, aggiungo io. Lettura del post: più di una. I primi dodici articoli della Costituzione Italiana, tanto per cominciare, soprattuto laddove si parla di ugualianza dei cittadini di fronte alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di credo religioso, di opinioni personali e politiche. Casomai se ne scordasse qualcuno.
Seconda lettura. Amartya Sen, Identità e violenza.
Sul tema dell'identità torneremo, comunque.
Welcome in Italy, people.

La stanza dei ricorsi storici


Dove ero rimasta, che mi sono persa un po' in giro. Qui ad Hogwarts, quando è tempo di esami resta ben poco tempo per le altre cose, in effetti. Corsi di aggiornamento, preparazione della quinta all'esame, insomma, ho passato pomeriggi interi davanti al PC. E quando lavoro, per me il PC significa lavoro. Ergo, non lo vedo come uno strumento di svago, un qualcosa cui dedicare tempo libero. Preferisco le mie solite passaggiate con Milla, e, ovviamente, leggere il blog di Barbara. Almeno mi tengo aggiornata sulle sue vicende olandesi. Eccoci di nuovo qui, come l'antico oracolo greco, a vaticinare tempi pessimi e a non essere presa sul serio fino in fondo. Del resto, neanche io credo troppo alle profezie negative. Lettura del post: Alessandro Baricco (scrive bene, il ragazzo), I barbari. Saggio sulle mutazioni. Interessante, perché si fa beffe, appunto , di ogni visione apocalittica.

mercoledì 19 marzo 2008

Stanza del viandante (3)



Dunque, il viaggio. Metafora calzante della nostra esistenza, paragone delle nostre vite e destinazione delle aspirazioni individuali. Il viaggio come immersione (preferirei comunque il mare, non la pioggia londinese), come straniamento non solo linguistico. Poi, certo, la banale disquisizione su cosa sia un viaggio, una gita, una escursione eccetera. Il problema non è quantitativo, bensì qualitativo. Il viaggio è qualcosa che si affronta quotidianamente, dentro se stessi, nella propria mente, nel proprio animo. Ovunque si stia.
Dunque, il viaggio. Ogni tanto dimentico di come ero io a sedici anni, e non dovrei farlo. Anche se a me l'arte piaceva, e non mi dedicavo allo shopping selvaggio. MAH, de gustibus. La cosa divertente, in questi casi, è la convivenza pressoché quotidiana con ragazzi che di solito vedi dietro un banco, osservando dinamiche e conflitti (molti, qualche volta troppi); atteggiamenti egoistici o altruistici, rapporti di amicizia e piccole inimicizie. Il carattere delle persone lo vedi nelle piccole cose, nei piccoli gesti, nella quotidianità, nelle piccole cose. Se è così, io dovrei essere insopportabile, in ogni caso.
Attendo comunque dalle mie studentesse foto PIRatate, per aprire il sito della PIRO's travel (rivolgersi alla terza D per informazioni), e per disquisizioni filosofiche di matrice aristotelica sulle quattro cause del piro, appunto.
Insomma, il viaggio non è stato poi malvagio, nonostante il tempo inclemente. Nonostante qualche nervosismo di troppo. Qualche volta dimentico davvero i miei sedici anni, e sono troppo rigida. In ogni caso, il cazziatone sulle regole alle mie ragazze non glielo toglie nessuno (così se leggono il blog glielo anticipo...). Saluti alle mie ragazze, perfidamente, ma con affetto.
Lettura del giorno e del viaggio in aereo, Diario di scuola di Daniel Pennac. Interessante: Pennac era un prof di francese alle medie, prima di scrivere di Monsieur Malaussene. Interessante e terribile. Ti fa sentire abbastanza inadeguato, come prof. Pensi di non fare abbastanza, di non essere in grado di interessare tutti nella stessa maniera. Trasmettere le proprie passioni, per quanto forti e intense esse siano (filosofia, storia, lettura, sapere, arte, viaggiare, eccetera) non è mai facile. Più facile fare imparare a memoria date e parole che non vivono, che non dicono, che non raccontano. Nel caso Barbara legga questo punto, mi piacerebbe sapere cosa ne pensa (ma anche Sarah o Antonella. Voi come fate, con i vostri studenti?)

venerdì 29 febbraio 2008

Stanza del viandante (2)



Il viaggio è necessità. Dunque, prepariamoci per l'ennesimo viaggetto. Certo, per me che amo girare da sola, portarmi appresso 19 ragazzine urlanti non è poi il massimo (ehehehehe ma quanto sarò perfida?????). Sinceramente ci sta bene una piccola pausa, nonostante siano state molte le seccature (temo, ahimé, che non siano finite), e le incombenze ereditate da altri. Ich bin ein Wanderer, diceva Fritz, e quindi, l'esigenza, spesso fisica del cambiare aria mi è connaturata.
Organizzare una gita scolastica (per il piccolo branco di cui sopra) non è un divertimento, soprattutto in Italia, anche perché non puoi esattamente fare di testa tua -che so, per risparmiare, per trovare delle soluzioni alternative-: no, l'ostacolo massimo, il Moloch, è sempre lo stesso...BUROCRAZIA...!!!!!Organizzare una gita scolastica non è un gioco, è ben altro, ben altro...E quindi, avendo ereditato una situazione, eh si, perché non si può promettere un viaggio a Londra per poi lavarsene elegantemente le mani, mi è toccato sobbarcarmi anche le risatine dei colleghi ("Visto che vai due volte all'estero..."), già, perché in realtà, avrei dovuto accompagnare un'altra classe, in un luogo a me molto caro, meine zweites Heimat.
Cari miei, la scuola italiana è un postaccio. Insomma, a farla breve, fra giorni si parte, forse abbiamo organizzato tutto, si ovvierà alle solite incombenze, ma il risolino sarcastico dei colleghi proprio no. Il prossimo anno non mi fregano. Sono una pivella, devo imparare dalle vecchie volpi. Che ci posso fare, io mi appassiono. Credo davvero che le cose si possano fare, anche nel Castello di Kafka (la Scuola, ovviamente). Ma a quale prezzo!
Beh, spero di farmi un giro verso il binario 9 e 3/4 di King's Cross (vedi foto), prendere l'Hogwarts Express e imparare una buona volta il Quidditch, nel frattempo. Un saluto a tutti i babbani che hanno letto fin qui. Mi trovate su nel corridoio del terzo piano, ovviamente nella Stanza delle Necessità. Voi sapete dove e come trovarla. PS Sulla Mappa del Malandrino non la vedrete, ricordatevelo.

domenica 24 febbraio 2008

Stanza delle visioni notturne



Coloro che sognano ad occhi aperti vedono più, e meglio, di coloro che sognano soltanto di notte. Questa è solo una delle frasi di un celebre incipit di Poe, del mio Edgar Allan, al quale sono particolarmente affezionata. Quando mi accade di avere degli incubi, qualcuno, invariabilmente, mi batte una mano sulla spalla e con un leggero tono compassionevole mi dice di leggere meno, specialmente Poe. Impossibile, ovviamente. Non riesco a saziarmi di libri, diceva Petrarca, che se ne intendeva. A volte, quando leggo per troppe ore consecutive, mi accade di continuare a viverlo in sogno, il libro, di partecipare alla storia come spettatore esterno, di scorrere immagini e non pagine. A volte, i miei sogni mi accompagnano per tutta la durata della mia giornata, e gusto atmosfere e parole, più spesso colori e sensazioni. Purtroppo a volte sgradevoli, ed allora sto ad aspettare che prima o poi quella sensazione negativa si avveri. I Greci sostenevano che i sogni fatti all'alba avevano il sapore delle previsioni per il futuro, e del resto il mio nick è Pythya. Evidentemente, da qualche parte di me, credo ai/nei sogni. Non sarei, del resto, un'idealista.

A volte quindi penso che la realtà che sto vivendo si possa cambiare, che io possa davvero lottare contro i mulini a vento. A volte, invece, e oggi è una di quelle volte, mi sento un pochino sfiduciata, senza quello sguardo dritto verso il futuro (la freccia dei sagittari...) che mi infonde fiducia. Organizzazioni, istituzioni, famiglia. Oggi mi sta stretto tutto. Domani, probabilmente, avrò cambiato mood. Devo aver fatto un brutto sogno, evidentemente, che non ricordo. La sensazione è davvero quella. Bene, andiamo allora a rifugiarci nella no man's land, dalle parti dei libri. E, dunque, Enrico Alleva, La mente animale (saggio di etologia, non spaventatevi), e non ci sono per nessuno. Al prossimo stato d'animo. "Diremo, dunque, che sono un visionario" (E.A. Poe)

venerdì 22 febbraio 2008

Stanza del viandante



La passeggiata mattutina con Milla, il mio cane, consente, a volte, di osservare da punti di vista altrimenti inconsueti. Il mare, ad esempio, o, meglio, la spiaggia, è frequentata dai cani (e dai loro padroni) preferibilmente da ottobre a maggio. Quando la spiaggia permette ai quattrozampe di correre indisturbati e divertirsi senza essere cacciati.
Stamattina era una di quelle giornate: assolata, non troppo ventilata, col mare piatto. Milla si è divertita molto, nella sua corsetta, ed io passeggiavo assaporando quel vago gusto di libertà che soltanto la vista del mare può dare. Lo sguardo spazia senza confini, il sole sulla pelle ed il silenzio mi fanno sentire terribilmente privilegiata ad abitare a 500 metri dal mare, ed in Italia, dove il clima, di solito -non sempre- è davvero mediterraneo. Ti rendi conto di come il cane (e l'umano che l'accompagna) abbia bisogno di spazi aperti, di correre liberamente, di sentire il mare vicino.
Tornando ai cani, e agli umani, noti subito mentre ti avvicini ad un'altra coppia a 6 zampe, il carattere dell'umano: se comincia a tirare il giunzaglio o a cambiare strada, allora è terribilmente snob e non vuole mischiarsi con noi meticci (di solito il corrispondente cane è di razza); se invece comincia a sorridere a distanza, allora quella è una buona occasione per scambiare due parole. La cosa divertente è che quando i padroni di cani si incontrano è che la prima domanda, invitabilmente, non è buona giornata o come va, bensì "maschio o femmina?" perché raramente cani dello stesso sesso si trovano simpatici. Milla poi ha un un brutto carattere, non ama i cani troppo invadenti che cominciano ad annusarla. Si incazza. Ama molto i suoi spazi, Milla. Con gli umani, forse perché vive con degli umani che frequentano molte persone, invece, è espansiva. Raramente ignora un sorriso, un ciao di umano. Un cane socievole, insomma. Ben disposto e curioso verso tutto ciò che non conosce. Dovremmo imparare di più, da Milla.

Stanza degli amici





I miei amici, per fortuna, sono tutti degli abbaia luna, canta Guccini. (la canzone si intitola proprio Gli Amici). Questo post parla invece dei miei amici maschietti. Come ho già scritto, i miei amici sono persone speciali. Proprio perché tali, a volte, i loro discorsi, i loro ideali non trovano molta rispondenza in una società materialistica e superficiale. I miei amici ci sono sempre stati. Sempre e comunque. Mi hanno abbracciata, dopo la telefonata. Mi sono stati a sentire, nelle mie farneticazioni. Mi hanno spesso rimproverata. Tutti però mi hanno sempre dimostrato il loro affetto. Senza troppi fronzoli, diretto e semplice. Come loro. Qualcuno, purtroppo, non è più al mio fianco. E mi manca. Ormai sono passati anni, però da qualche parte, nel mio cuore, Moreno c'è ancora. Quando eravamo degli adolescenti contestatori e fuori degli schemi, io ed i miei amichetti Tony e Moreno ne combinavamo di casini, che ideavamo nel nostro rifugio dorato di quel palazzo antico col cortile interno. Poi siamo cresciuti ed avevamo dei progetti ben precisi: una folle innamorata dei libri, un pittore ed un fotografo. Ci sentivamo invincibili. Tony, poi, ha deciso insieme alla sua ragazza di tenere quel bambino concepito per caso, ed un po' si è allontanato. Moreno ed io, dopo una notte di vino e parole, eravamo comunque rimasti amici, anche se non più di quella amicizia adolescienziale ed esclusiva. Ma comunque era il primo a conoscere i miei ragazzi, i miei fallimenti, i miei casini. Poi, dopo vari casini, un platano ce (me) lo ha tolto. Una delle foto che gli avevo fatto adesso è su una lastra di marmo bianco. Sono passati anni. Non ho mai avuto il coraggio di andarci. Quella volta è stata anche l'ultima in cui ho visto Tony. Era assurdo rivedersi in quella circostanza, troppo dolore e lacrime.

Rimangono gli altri, nel corso della vita alcuni passano, alcuni se ne aggiungono. Ci si riconosce, con un amico. Ci si incontra in facoltà, da qualche parte, in qualche corso, e si capisce all'istante che si hanno gli stessi sogni, gli stessi ideali, gli stessi difetti e intolleranze.

Un amico ti insegna fin da piccola a rapportarti correttamente all'altro da te, all'elemento maschile. Ti insegna a fare a meno dei giri di parole, a mirare all'essenziale, anche nel vestire. Perché poi l'amico, quando cresci, ti racconta anche cosa cerca nelle ragazze, acciocché tu impari a tua volta. L'amico non sarà mai geloso del tuo ragazzo (qualche volta capita che gli piaccia, e di questo ne abbiamo sempre riso insieme. Quella pacca sul sedere di Ivan non la scorderò mai! Come il "ma che bella creatura" nei confronti di uno stupefatto Andrea che tuttora me lo rinfaccia ridendo). Anzi, a volta gli amici ti fanno conoscere il tuo ragazzo (nel mio caso, il mio compagno è il fratello di un mio amico...). Gli amici, per fortuna, ci sono. E mi hanno sempre insegnato molto, anche se loro non lo sanno. Quello che rende speciali i miei amici è anche come si rapportano alle loro donne, come vivono la reciprocità col genere femminile. Se hanno da fare un passo indietro, non si sentono sminuiti per questo. Lo fanno, perché condividono con le loro donne, con le loro amiche, sogni, speranze, ideali, intolleranze e battaglie.

Ai miei amici, presenti, passati, futuri. Ad Andrea, Aminta, Dona, Rosario, Andrea, Orazio, Marco. Persone speciali, i miei amichetti.