venerdì 22 febbraio 2008

Aula (Stanza scolastica) 1


La mia quotidianità, fortunatamente, non è banale. Mi confronto con altre persone, con altre idee. A volte, a scuola, mi sento abbastanza costretta ed imprigionata nell'ansia da programma; mentre vorrei raccontare altro, ai miei studenti, alle mie studentesse.
La scuola italiana non è vecchia. E' obsoleta. Burocratica e terribile. Kafka, per scrivere il Castello, secondo me, aveva fatto un giro nelle scuole italiane, nei meandri delle segreterie, in fila in attesa di "conferire" con un dirigente scolastico sempre di corsa. Ah già, adesso li vogliono managersssss.
Da questa parte, da chi sta dall'altra parte della cattedra, non si comincia con i migliori auspici. Sei un essere umano, con i tuoi casini e le tue insicurezze, con le tue idee e idiosincrasie. Non puoi, né devi andare d'accordo con tutti i colleghi, non succede in nessun luogo lavorativo che assommi a più di una persona. Non puoi, né devi amare tutto ciò che insegni: avrai pure i tuoi argomenti preferiti, i tuoi personaggi di riferimento.
Non puoi, né devi sapere tutto. Ogni tanto puoi anche dire che hai bisogno di aggiornarti. Dovrai pure imparare di nuovo per trasmettere qualcosa ai ragazzi.

Secondo me, come dice Loredana Lipperini nel suo "Ancora dalla parte delle bambine", a scuola i ragazzi vengono più per socializzare che per imparare. Questo è davvero desolante. A chi hanno delegato il piacere della scoperta? Alla rete? Ai libri, se li leggono? E chi ha abdicato alla trasmissione del sapere, che è soprattutto trasmissione di vita? I ragazzi, gli studenti, non sono una massa informe. Non li invidio. L'età tra i 15 e i 18 anni per me rimane la più terribile. Tornerei volentieri ai miei 25 anni, non ai miei orribili 18. Non sei né carne né pesce, non sai chi sei né cosa vuoi. Aiuto che angoscia.

Arrivi in cattedra, ti siedi alla prima ora (i profffsss più giovani fanno la gavetta, ovviamente: sempre la prima ora e sempre il sabato) e li vedi entrare.
Osservi i loro sforzi per costruirsi un ruolo, una identità; spesso questa passa per la contrapposizione a qualcuno/qualcosa. La stragrande maggioranza delle mie studentesse è molto fit (ness), l'ultimo obbligo terribile al quale sono costrette le giovani donne (vedi Elena Gianini Belotti, Loredana Lipperini). Rincorrono ideali corporei irraggiungibili (Lara Croft: taglia 40 e quinta di reggiseno. Dove diavolo si sorregge un seno di questa misura se non esiste carne? Lara Croft, ovviamente, è stata disegnata da uomini. Scusatemi sto divagando, ma ho un rigurgito femminista prorompente, in questo periodo). Si sentono sempre inadeguate (immagino le voci di alcune di loro: No prof, non è vero io sto benissimo! Lo so che non vale per tutte, per fortuna). Io ripeto loro che secondo me sono semplicemente perfette e bellissime, ma non è facile scalfire anni di condizionamenti, che le vogliono attente a loro stesse, civettuole e litigiose. Già, pare che la solidarietà sia maschile (si chiama cameratismo, infatti, parola che a me però fa rabbrividire. Sa di armi, di camicie nere e di violenza).
E i miei studenti? Li vedi, anche loro, che cercano di obbedire ad una identità che spesso non sentono propria. Per fortuna, specie nei più giovani, si assiste ad un tentativo di ripensare gli schemi, ma sono ancora tentativi sporadici. Se solo si uscisse dalla logica della contrapposizione.

Ma con chi parlano, con chi dialogano questi ragazzi? Avranno qualche adulto di riferimento che non sia di celluloide? I cattivi maestri sono sempre in agguato. E loro sono dei fragilissimi e bellissimi fiori di cristallo. Affidano alla rete le loro parole, i loro sogni, le loro paure. Come se si stessero disabituando al parlare a voce, guardando un amico negli occhi. L'evoluzione del Diario segreto. Dalla carta ai tasti di un PC. Ripiegati su loro stessi, a volte. Mentre la vita va affrontata a schiena dritta, sguardo fiero e verso l'orizzonte. Ma la tua sicurezza te la costruisci anche attraverso le armi della parola, della cultura...(Dario Fo: "L'operaio conosce dieci parole, il padrone mille e per questo è il padrone). L'importanza di non farsi mai mettere a tacere, di smascherare le finzioni, di svelare che il re è irrimediabilmente nudo. Anche a questo serve la cultura, e non per farsi belli in un quiz televisivo.

Forse, anche questi sono i mulini a vento. Anche oggi il Don Chischiotte che è in me si è fatto sentire. "Anche se per quel giorno vi sentite assolti, siete per sempre coinvolti" (Fabrizio de Andre, Canzone del Maggio)

Questo post è per i miei studenti, con immenso affetto, con (moderata!!!!) stima.


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