giovedì 10 luglio 2008

Stanza del dormiveglia

Qualche volta mi accade di passare delle notti in bianco, così, senza dormire. Ogni notte in bianco ha un significato a sé, però. Ne ricordo una carica di attesa leggera, elettrizzata da un colpo di fulmine in piena regola, nel tentativo di non dimenticare parole dette per caso, la notte che ho conosciuto Andrea.
Un'altra, invece, pesante e nera di angoscia, pungente come una roccia scalfita, unico compagno un libro dal quale trarre risposte a domande che non volevo pormi, quando è finita la storia con Gianluca.
Altre notti cariche di stanchezza e di energia lavorativa, nelle quali fai fatica ad ordinare alle tue meningi di fermarsi, da troppo tempo in movimento, e continui a pensare alle cose da fare, a quelle fatte ed al tempo che ti rimane per le scadenze.
Altre inquiete e cariche di presagi, assisti alla finestra a piccole catastrofi e guardi, convitato di pietra, fiumi di fango scendere e salire.
Altre strane, immerse in dormiveglia e parole, nelle quali non ti orienti bene, senti che hai forse qualcosa per le mani che eternamente sfugge e che non sai bene se e come afferrare. Vorresti attendere, ma non sai farlo, forse non vuoi, né sai che ciò che stai per fare o hai fatto sia la cosa più giusta da fare.
E rifletti, e pensi, in un limbo estivo, mentre fuori già albeggia e vagheggi incontri che mai ci saranno, solo per assecondare fantasie egoistiche.
Non si potrebbe, semplicemente, dormire?

Nessun commento: