mercoledì 19 marzo 2008

Stanza del viandante (3)



Dunque, il viaggio. Metafora calzante della nostra esistenza, paragone delle nostre vite e destinazione delle aspirazioni individuali. Il viaggio come immersione (preferirei comunque il mare, non la pioggia londinese), come straniamento non solo linguistico. Poi, certo, la banale disquisizione su cosa sia un viaggio, una gita, una escursione eccetera. Il problema non è quantitativo, bensì qualitativo. Il viaggio è qualcosa che si affronta quotidianamente, dentro se stessi, nella propria mente, nel proprio animo. Ovunque si stia.
Dunque, il viaggio. Ogni tanto dimentico di come ero io a sedici anni, e non dovrei farlo. Anche se a me l'arte piaceva, e non mi dedicavo allo shopping selvaggio. MAH, de gustibus. La cosa divertente, in questi casi, è la convivenza pressoché quotidiana con ragazzi che di solito vedi dietro un banco, osservando dinamiche e conflitti (molti, qualche volta troppi); atteggiamenti egoistici o altruistici, rapporti di amicizia e piccole inimicizie. Il carattere delle persone lo vedi nelle piccole cose, nei piccoli gesti, nella quotidianità, nelle piccole cose. Se è così, io dovrei essere insopportabile, in ogni caso.
Attendo comunque dalle mie studentesse foto PIRatate, per aprire il sito della PIRO's travel (rivolgersi alla terza D per informazioni), e per disquisizioni filosofiche di matrice aristotelica sulle quattro cause del piro, appunto.
Insomma, il viaggio non è stato poi malvagio, nonostante il tempo inclemente. Nonostante qualche nervosismo di troppo. Qualche volta dimentico davvero i miei sedici anni, e sono troppo rigida. In ogni caso, il cazziatone sulle regole alle mie ragazze non glielo toglie nessuno (così se leggono il blog glielo anticipo...). Saluti alle mie ragazze, perfidamente, ma con affetto.
Lettura del giorno e del viaggio in aereo, Diario di scuola di Daniel Pennac. Interessante: Pennac era un prof di francese alle medie, prima di scrivere di Monsieur Malaussene. Interessante e terribile. Ti fa sentire abbastanza inadeguato, come prof. Pensi di non fare abbastanza, di non essere in grado di interessare tutti nella stessa maniera. Trasmettere le proprie passioni, per quanto forti e intense esse siano (filosofia, storia, lettura, sapere, arte, viaggiare, eccetera) non è mai facile. Più facile fare imparare a memoria date e parole che non vivono, che non dicono, che non raccontano. Nel caso Barbara legga questo punto, mi piacerebbe sapere cosa ne pensa (ma anche Sarah o Antonella. Voi come fate, con i vostri studenti?)